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Hong Kong vent’anni dopo: l’opinione di Stefania Tucci

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Nel suo recente articolo pubblicato su Longitude Stefania Tucci ha condotto un’attenta e puntuale analisi della situazione politica ed economico-finanziaria di Hong Kong.  Ne riassumiamo, di seguito, il contenuto per sommi capi, invitando i lettori a leggere l’articolo originale.

Quando, nell’ormai lontano 1997, la bandiera inglese cessò di sventolare su Hong Kong per essere sostituita da quella cinese, in tanti ritennero che si fosse ormai arrivati alla fine dell’era del colonialismo inglese. Hong Kong, all’epoca, era un vero e proprio paradiso fiscale, in seguito ad una serie di vicende storiche le cui origini sono da ricercare nelle guerre dell’oppio della metà dell’800 tra il Regno Unito e l’Impero cinese che si conclusero con la sconfitta della Cina che si vide costretta ad accettare le condizioni poste dai trattati di Nanchino e Tientsin che prevedevano, tra l’altro, proprio la cessione dell’isola di Hong Kong al regno britannico.

Nel periodo della dominazione inglese Hong Kong ha prosperato fino ad assumere le sembianze di una modernissima città i cui grattacieli, realizzati dai più prestigiosi architetti di tutto il mondo, svettano maestosi nello skyline.

Con il passaggio di Hong Kong alla Cina nel Paese non è avvenuta la drastica trasformazione che si temeva. I cinesi hanno intelligentemente continuato a mantenere Hong Kong accogliente ed ottimale per le attività economiche e finanziarie che hanno continuato a svolgersi come prima.

Quando il governo cinese ha assunto il controllo di Hong Kong ha deciso di fare una specie di “esperimento”, una sorta di banco di prova per testare le riforme economiche e finanziarie prima di introdurle in Cina accelerandone, così, l’apertura alla globalizzazione.

Oggi a Hong Kong è possibile fare investimenti senza alcun limite ed il paese ha anche visto un nuovo esperimento politico di primo piano: quello delle elezioni pubbliche, nonostante la limitazione determinata dal fatto che i candidati dovevano essere stati prima approvati dal governo centrale.

L’accesso ad Internet è garantito senza restrizioni, diversamente da quanto accade, come noto, in Cina.

Insomma Hong Kong è una sorta di “laboratorio” del governo cinese che, valutati i risultati, provvede poi alla conseguente applicazione delle norme in patria, a cominciare da Shangai che costituisce la principale città commerciale cinese, come peraltro dimostrato dalla grandiosa manifestazione dell’Expo 2010 che qui si è svolta.

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